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Rassegna giurisprudenziale 10 gennaio 2018, a cura di Monica Serra

15.03.2021 | News

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– LICENZIAMENTO DISCIPLINARE TARDIVO –

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 27 dicembre 2017 n. 30985

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno composto il contrasto giurisprudenziale in materia di tutela applicabile al licenziamento disciplinare viziato da tardività della contestazione rispetto ai fatti oggetti di addebito.

Le corti di merito e la stessa Cassazione oscillavano infatti tra l’applicazione del rimedio reintegratorio, sulla base della considerazione per cui la tempestività della contestazione rappresenterebbe un elemento costitutivo del diritto dei recesso, e il rimedio indennitario “forte” in ragione di un orientamento di segno opposto.

Le Sezioni Unite hanno infine affermato che il vizio di tardività della contestazione non è costitutivo del diritto di recesso, ma rappresenta una violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, riconducibile alle diverse ipotesi in cui non ricorrono gli estremi della giusta causa di recesso, con la conseguente applicazione della tutela prevista dall’art. 18, comma 5 (c.d. tutela indennitaria “forte”).

 

– CONCORSI PUBBLICI –

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 13 dicembre 2017 n. 29916

Con una recente pronuncia le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che la P.A. che in esito a un concorso, pubblichi un bando è obbligata ad assumere chi lo ha superato ed è entrato in graduatoria, in quanto la pubblicazione del bando di concorso equivale a una offerta al pubblico che vincola la P.A. datrice di lavoro all’obbligo di assunzione, secondo correttezza e buona fede.

La vicenda ha tratto origine dal caso di una candidata che, arrivata seconda in un concorso pubblico, alle dimissioni della prima in graduatoria chiedeva di essere assunta perché il posto era nuovamente vacante.

Entrambe le corti di merito hanno accolto la domanda della candidata perchè la P.A. non ha prodotto alcuna documentazione comprovante la soppressione del posto di lavoro e la stessa è inoltre tenuta ad adempiere alle obbligazioni economiche derivanti dal diritto all’assunzione.

Ebbene, tutto ciò premesso e secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato (si veda da ultimo Cass. n. 14397/2015) il superamento di un concorso pubblico, indipendentemente dalla nomina, consolida nel patrimonio dell’interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo, così che l’assunzione diviene un atto dovuto da parte della P.A. che ne ha pubblicato il bando.

– LICENZIAMENTO RITORSIVO –

Corte d’Appello di Firenze, sezione Lavoro, sentenza 28 novembre 2017 n. 713

La Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato ritorsivo il licenziamento di un lavoratore avvenuto nell’immediatezza del rientro in servizio.

In particolare, la Corte ha statuito che l’accertamento del carattere ritorsivo può basarsi anche su una sola presunzione, se grave e precisa, e ciò quando valutando il quadro complessivo della vicenda si possa escludere la fondatezza delle ragioni addotte a giustificazione del recesso e, di più, si possa affermare che non vi sia altra spiegazione al recesso se non il suo collegamento causale con la malattia.

– LICENZIAMENTO RITORSIVO IN REGIME JOBS ACT –

Tribunale di Ravenna, sezione Lavoro, sentenza 26 ottobre 2017 n. 340

La mancanza totale di dimostrazione dei presupposti di giustificazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonché la connessione temporale con la contestazione da parte del dipendente della regolarità del contratto di apprendistato, consente di accertare la natura ritorsiva del licenziamento, e dunque la sua nullità con il conseguente diritto del lavoratore licenziato alla reintegrazione ex art. 2 d.lgs. 23/2015.

– NOTIFICA DELL’ATTO –

Corte d’Appello di Bologna, sezione Lavoro, sentenza 10 marzo 2017 n. 285, Pres. e rel. Brusati

Non è nulla né inesistente la notifica di un atto di appello avvenuta in assenza della relata e dell’attestazione di conformità degli atti allegati quando non sia dubbia la riconducibilità della stessa all’avvocato notificante e quando, in ogni caso, la notifica abbia comunque realizzato la piena conoscenza dell’atto da parte del ricevente.

Ancora, non può dirsi inesistente l’atto di appello per il suddetto difetto di sottoscrizione e di procura a seguito di notifica via pec quando manchi la “coccardina” della firma digitale, a meno che non vi sia assoluta incertezza sull’identità della parte e del suo difensore.

Corte di Cassazione, sezione VI civile, sentenza 22 dicembre 2017 n. 30766

Nell’ambito del processo civile la Cassazione ha accertato e dichiarato che la notifica PEC richiesta dopo le ore 21 di perfeziona alle ore 7 del mattino del giorno dopo; pertanto, è intempestivo il ricorso di legittimità notificato dopo tale orario del giorno della scadenza dei termini per l’impugnazione.

Con la stessa pronuncia i giudici hanno anche ribadito che vi è una scissione tra il momento perfezionativo della notifica tra notificante e notificato: per il primo coincide con la generazione della ricevuta di accettazione, mentre per il secondo con quella di avvenuta consegna.

Ne deriva, dunque, che per il notificante rileva il momento in cui la notifica viene chiesta e non quello in cui viene consegnata.

– APPRENDISTATO –

Tribunale di Padova, sezione lavoro, sentenza 31 marzo 2017, giud. Dallacasa

In tema di contratto di apprendistato, il licenziamento motivato dallo scadere del periodo di formazione deve essere comunicato al più tardi l’ultimo giorno del periodo di formazione, pena la reintegrazione del dipendente (ove l’azienda assolva i requisiti dimensionali necessari).

– LICENZIAMENTO VIA MAIL –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 12 dicembre 2017 n. 29753

In tema di requisito di forma del licenziamento la Corte di Cassazione ha statuito che il requisito di forma scritta è assolto con qualsiasi modalità che comporti la trasmissione del documento al lavoratore, purché nella sua materialità, e ciò anche se la comunicazione è avvenuta via mail quando vi sia la certezza della ricezione.

Nel caso di specie il datore di lavoro aveva avuto la certezza della ricezione della mail tramite mail inviate dall’interessato ai colleghi, e prodotte in giudizio, con le quali li informava del licenziamento.

In esito la Corte di Cassazione ha affermato che “il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità“.

– LICENZIAMENTO DISCIPLINARE DEL DIRIGENTE –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 5 dicembre 2017 n. 29056

Se il licenziamento per motivi disciplinari è intimato al dirigente in violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, questo preclude la possibilità di valutare la giustificatezza dello stesso.

Infatti, al licenziamento esplicitamente comminato al dirigente per motivi disciplinari o in generale per il venir meno della fiducia sono applicabili le garanzie di cui all’art. 7 della l. 300/1970 che, se violate, precludono la possibilità di valutare l’eventuale giustificatezza dello stesso e anzi comportano la corresponsione al dirigente dell’indennità supplementare prevista in caso di ingiustificatezza del recesso.

– PROCEDIMENTO DISCIPLINARE –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 30 novembre 2017 n. 28797

Il principio di “immutabilità della contestazione disciplinare”, così come nel processo penale (art. 521 c.p.c.), attiene al fatto e non alla sua qualificazione giuridica: il datore di lavoro ha quindi la facoltà di ricondurre l’addebito a una diversa ipotesi disciplinare non modificando il fatto contestato ma solo la sua qualificazione.

– LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 17 novembre 2017 n. 27333

Il fatto che il dipendente presti attività lavorativa durante il periodo di malattia può integrare un giustificato motivo di recesso quando questo sia atto a ledere i doveri generali di correttezza e buona fede e gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. Ciò può accadere quando il comportamento tenuto dal dipendente sia idoneo a far presumere l’inesistenza dello stato di infermità dimostrando la sua fraudolenta simulazione o quando, in relazione alla natura e alle caratteristiche della malattia denunciata e alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro, l’attività lavorativa svolta sia tale da pregiudicare o ritardare, anche in via potenziale, la guarigione e il rientro in forze del lavoratore.

– LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 19 ottobre 2017 n. 24739

In caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il datore di lavoro ha la facoltà di recedere non appena superato il termine del periodo suddetto, e dunque anche prima del rientro in servizio del lavoratore; tuttavia il datore di lavoro può anche attendere la ripresa del servizio per valutare se in concreto vi siano ancora margini per il riutilizzo del dipendente nell’assetto aziendale eventualmente mutato durante il periodo di assenza.

Pertanto solo al rientro del lavoratore e se vi sia una prolungata inerzia del datore di lavoro, questa può essere oggettivamente sintomatica della volontà di rinuncia al licenziamento, così ingenerando un incolpevole affidamento del lavoratore e che, in assenza di rientro, non può aspettarsi alcun ritardo nella comunicazione del recesso.

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