Premessa
La Corte di Giustizia della Comunità Europea-Unione Europea (13 febbraio 2014, C-596/12, Commissione c. Repubblica italiana) ha pronunciato un’importante sentenza che non potrà non avere significativi riflessi relativamente alla disciplina del licenziamento dei dirigenti per crisi o ristrutturazione e, più in generale, nella gestione delle riduzioni di personale all’interno delle aziende. La sentenza, in estrema sintesi, ha sancito che l’Italia non ha correttamente adempiuto alla direttiva concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, dal momento che non ha esteso la procedura di messa in mobilità (e, si ritiene, relativi annessi e connessi, inclusi i criteri di scelta) e di licenziamento collettivo anche ai dirigenti.In altri termini la Corte stabilisce che l’Italia – pur includendo tra le “categorie dei prestatori di lavoro”, art. 2095 c.c. anche i dirigenti – male ha fatto ad escluderli dalla disciplina procedimentale dei licenziamenti collettivi. Tale disciplina (l. 223/1991 e successive integrazioni e modifiche) è di derivazione comunitaria, ed è contenuta nella direttiva 98/59/CE, che “non ammette, né in modo esplicito né in modo tacito alcuna possibilità per gli stati membri di escludere dal suo ambito di applicazione questa o quella categoria di lavoratori”.
La consulenza e l’assistenza legale in ambito giuslavoristico.
Premessa
I casi tipici trattati nell’ambito del centro donna anche nel 2013 riguardano, parlando in generale, due macro-aree:
- Le discriminazioni di genere al lavoro e le molestie morali (o mobbing di genere) – 60% degli accessi/richieste di intervento
Queste situazioni si verificano normalmente al rientro dalla maternità e in relazione a due situazioni tipiche: a) il licenziamento al termine del periodo di tutela dell’anno di età del bambino e b) il demansionamento sempre conseguente alla maternità
- le molestie sessuali sul luogo di lavoro – 20-30% degli accessi/ richieste di intervento
La signora Bianchi (il nome è di fantasia) è stata dipendente per 20 anni di una società della grande distribuzione, prevalentemente con mansioni di cassiera. Una volta raggiunti i requisiti per la pensione, riceve dal direttore del personale la proposta di dare le dimissioni a fronte di un incentivo; ma la signora che non ha raggiunto i limiti di età (all’epoca della vicenda 65 anni) declina gentilmente l’invito, facendo presente che preferisce rimanere a lavorare ancora almeno un altro anno.
Definizione
Il tema del “benessere organizzativo” o “salute organizzativa” è ormai da tempo argomento di attenzione, anche normativa.
Per benessere organizzativo si intende comunemente la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori per tutti i livelli e i ruoli.
Studi e ricerche sulle organizzazioni hanno dimostrato che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo.
Le indagini di clima
Con riguardo alle specifiche valutazioni dei rischi da stress lavoro correlato previsti dall'art. 28 del D.Lgs. n° 81/2008, uno strumento molto valido e significativo è quello della rilevazione, attraverso idonei strumenti di indagine, del clima presente nel luogo di lavoro.
Il “clima”, nella accezione che ci riguarda, indica lo stato di benessere (o di malessere) dell'organizzazione del lavoro così come percepito dalla maggior parte degli addetti.
Scheda sintetica - Definizione
Le donne sono frequentemente i soggetti più a rischio di mobbing e/o di marginalizzazione, specialmente al rientro dalla maternità o a seguito di matrimonio o anche a seguito del rifiuto di avances (v. anche voce molestie sessuali e stalking occupazionale): si parla in questi casi, di mobbing di genere.
Definizione
Dal punto di vista medico-scientifico, così come sul piano più strettamente giuridico, il fenomeno del mobbing è stato oggetto di numerosi studi ed approfondimenti.
Scheda sintetica - Definizione
Benché venga spesso utilizzato il concetto di mobbing quale espressione per definire ogni situazione di malessere e disagio sul luogo di lavoro, nell’ambito clinico ed anche – più recentemente - nel panorama giuridico (prevalentemente giurisprudenziale ma anche normativo) si sono con maggiore precisione delineate figure differenti e maggiormente specifiche a descrizione delle varie situazioni di conflittualità lavorativa che danneggiano il lavoratore, ma anche l’organizzazione aziendale così come, in senso più ampio, la collettività.
Scheda sintetica - Definizione
Benché venga spesso utilizzato il concetto di mobbing quale espressione per definire ogni situazione di malessere e disagio sul luogo di lavoro, nell’ambito clinico ed anche nel panorama giuridico (prevalentemente giurisprudenziale ma anche normativo) si sono con maggiore precisione delineate figure differenti e maggiormente specifiche a descrizione delle varie situazioni di conflittualità lavorativa che danneggiano il lavoratore ma anche l’organizzazione aziendale così come, in senso più ampio, la collettività.
Ad un anno di distanza dall’entrata in vigore della Legge Fornero è possibile formulare le prime considerazioni specialmente sulla tematica di maggiore rilievo e impatto pratico, quella del licenziamento per giustificato motivo oggettivo - cioè il caso del “licenziamento economico” - e sulle conseguenze in termini di tutela applicabile.
Le riflessioni che si intendono fare in questa sede riguardano in realtà solo l’ambito del cosiddetto licenziamento economico, cioè il licenziamento per giustificato motivo oggettivo e relativo onore della prova in capo al datore di lavoro, sia in termini di allegazione e dimostrazione dei fatti posti alla base del licenziamento che per quanto concerne l’ulteriore “scoglio” del repechage.
Pertanto, anche se la precisazione è superflua, vale la pena ricordare che la Legge Fornero non è intervenuta sulle “causali” del licenziamento che sono rimaste quindi le stesse regolate dal codice civile e dalla L. 604/1966, ma opera in termini di conseguenze del licenziamento stesso.