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Rassegna giurisprudenziale 23 novembre 2017, a cura di Monica Serra

12.03.2021 | News

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– DEMANSIONAMENTO –

Tribunale di Roma, I sezione Lavoro, sentenza 7 novembre 2017 n. 8982

Con riferimento alla disciplina delle mansioni di cui al nuovo art. 2103 cod. civ., il Tribunale di Roma ha affermato il principio secondo cui – ai fini della valutazione del demansionamento – può assumere rilevanza la disciplina del contratto collettivo laddove più favorevole al lavoratore e alla tutela della sua professionalità.

Il principio ha tratto origine dal rapporto di lavoro di un giornalista con mansioni di inviato speciale. Il giudice adito ha rilevato che lo specifico contratto collettivo aziendale (Contratto integrativo aziendale RAI – USIGRAI) impone al datore di lavoro di impegnare l’inviato, laddove non in trasferta, su mansioni che richiedano le “sue specifiche competenze professionali” e quindi rispettino non solo l’inquadramento formale (così come prevede la nuova formulazione dell’art. 2103 c.c.) ma anche il bagaglio professionale pregresso.

– DISCRIMINAZIONE PER MATERNITA’ –

Tribunale di Ferrara, decreto 11 settembre 2017

Configura una discriminazione l’inserimento di una lavoratrice rientrata dalla gravidanza nell’ufficio di un superiore, in considerazione della riduzione della sua autonomia.

In particolare, una lavoratrice con funzione di responsabile degli affari legali per l’Italia nella sede legale di un gruppo multinazionale, ha contestato condotte discriminatorie e ha agito ex art. 38 del D.lgs. 198/2006.

Tra tutte le condotte contestate è stata ritenuta una discriminazione la decisione assunta dall’azienda di inserire nell’organico una nuova figura con la quale la ricorrente – al rientro da una lunga assenza per maternità – doveva gerarchicamente riferire su mansioni che prima svolgeva in completa autonomia.

Secondo il Tribunale il comportamento lesivo deve riscontrarsi nelle condizioni di lavoro oggettivamente svantaggiose poste in essere in un momento particolarmente delicato della vita personale e professionale della dipendente, e che non possono essere giustificate da alcuna ragione organizzativa.

– DISCRIMINAZIONE INDIRETTA SULLA BASE DEL SESSO –

Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 9 novembre 2017, causa C-98/15

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha rilevato una discriminazione indiretta sulla base del sesso nella disciplina del trattamento di disoccupazione in essere in Spagna.

Dato atto che la maggior parte dei lavoratori spagnoli assunti con part-time verticale sono donne, una legge esclude i giorni non lavorati dalla base di calcolo utile per la durata dell’indennità di disoccupazione contrasta con il diritto dell’Unione europea. La legge spagnola, infatti, prevede un trattamento di disoccupazione per il quale la durata di questo deriva dal numero dei giorni lavorati nell’anno, trattando quindi in modo differente part-time verticale e orizzontale.

Posto dunque che in Spagna la maggior parte dei rapporti di lavoro a tempo parziale sono stipulati con donne, la Corte vi ha individuato una discriminazione indiretta in ragione del sesso.

– PROCEDIMENTO DISCIPLINARE –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 6 ottobre 2017 n. 23408

In conformità all’art. 7 della legge n. 300/1970, nell’ambito del procedimento disciplinare non è posto in capo al datore di lavoro alcun obbligo di mettere a disposizione del lavoratore la documentazione relativa alla contestazione disciplinare addebitata, ma è fatta salva per lo stesso lavoratore la possibilità di chiederne l’esibizione nel corso di un eventuale giudizio.

Tuttavia, quando il lavoratore ne faccia richiesta espressa, sulla base dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, il datore di lavoro è tenuto a fornire la documentazione richiesta quando essa sia presupposto necessario per organizzare, da parte del lavoratore – un’adeguata difesa.

– LICENZIAMENTO PER PARZIALE IDONEITA’ ALLA MANSIONE –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 5 ottobre 2017 n. 23266

Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha statuito che è legittimo il licenziamento del dipendente in esito al giudizio di parziale idoneità alla mansione quando la mansione effettivamente erogabile dal lavoratore sia del tutto residuale rispetto alla mansione da ultimo svolta e, di conseguenza, così modesta da non giustificare la conservazione del posto di lavoro; ciò – tuttavia – a condizione che non vi siano altre mansioni a cui questo può essere adibito.

Pertanto, e in relazione alla ripartizione dell’onere della prova, il lavoratore avrà l’onere di allegare la sufficienza della mansione residua e, al contempo, il datore di lavoro avrà l’onere di dimostrare l’insussistenza di mansioni pari o equivalenti che possono giustificare il mantenimento del posto di lavoro.

– CONTROLLI A DISTANZA –

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 10 novembre 2017 n. 26682

Sono legittimi i controlli sull’uso del computer aziendale al fine di accertare illeciti lesivi del patrimonio e dell’immagine.

Il caso trae spunto dal licenziamento di un dipendente a seguito dell’invio – tramite computer aziendale -di una serie di mail contenenti espressioni denigratorie e scurrili con riferimento ai vertici aziendali.

In questo caso, secondo i giudici, non sarebbero applicabili le garanzie di cui all’art. 4, secondo comma S.L. ai controlli che avevano evidenziato l’illecito, in ragione delle finalità perseguite nonché del fatto che in azienda era prassi la periodica duplicazione nonché l’esame di tutti i dati dei computer aziendali.

Ad oggi la norma di riferimento per questi casi è l’art. 23 del D.lgs. 151/2015, che esclude dalla tutela garantista il controllo sugli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione, ma subordina in ogni caso l’utilizzabilità delle notizie eventualmente raccolte all’informazione preventiva dei lavoratori circa le modalità di effettuazione dei controlli. Tale informazione, alla luce della recente sentenza “Barbulescu” della Cedu del 5 settembre 2017, dovrà essere specifica e articolata.

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