Il quadro normativo e la giurisprudenza fino ad ora prevalente
Per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni la materia delle mansioni oggetto del contratto di lavoro non è disciplinata dall'art. 2103 c.c., bensì dall'art. 52 del d.lgs. 165/2001, come modificato dall'art. 62, D.lgs. 150/2009 (c.d. Riforma Brunetta) e, naturalmente, dalla specifica normativa contrattuale collettiva.
Indice - Sommario
Premessa. L'interpello e la risposta della Direzione Generale del Ministero
Il consiglio dell'Ordine dei Consulenti del lavoro ha avanzato una richiesta di interpello per conoscere il parere della Direzione Generale del Ministero del lavoro in merito alla possibilità di considerare legittimo l'accordo intercorso tra la lavoratrice madre entro l'anno di età del bambino e il proprio datore di lavoro, avente ad oggetto l'assegnazione a mansioni inferiori con eventuale decurtazione della retribuzione; tale accordo, secondo l'Ordine interpellante, è volto alla salvaguardia dell'interesse prevalente alla conservazione del posto di lavoro, e troverebbe la propria ratio giustificatrice nell'oggettiva impossibilità di assegnare la lavoratrice alle mansioni da ultimo svolte, ovvero a mansioni equivalenti, a causa della soppressione della funzione o reparto cui la stessa era adibita anteriormente all'astensione.
La Direzione Generale del Ministero del lavoro, dopo un breve ragionamento sulle linee giurisprudenziali in tema di ammissibilità dell'accordo in dequalifica laddove l'alternativa sia il licenziamento, afferma: “in linea con il richiamato orientamento giurisprudenziale, sembra potersi considerare lecito il patto di demansionamento sottoscritto tra il datore e lavororatrice madre, rientrante in servizio in epoca antecedente al compimento di un anno di età del bambino. In tal caso” prosegue la D.G., “occorre tuttavia verificare che il contesto aziendale sia tale che, per fondate e comprovabili esigenze tecniche, organizzative e produttive o di riduzione di costi, non sussistano alternative diverse per garantire la conservazione del posto di lavoro e per consentire aliunde l'esercizio delle mansioni. Non appare invece lecito, finché dura il periodo in cui vice il divieto di licenziamento, che dalla soluzione innanzi prospettata consegua anche la decurtazione della retribuzione, in quanto tale soluzione appare in contrasto con la finalità della norma che comunque preclude il recesso datoriale anche nell'ipotesi di soppressione del posto di lavoro (a meno che non si verifichi la cessazione dell'attività dell'azienda)”.
Per un commento alla risposta menzionata v. anche Olivetta, Lecito il demansionamento per “extrema ratio” della lavoratrice madre, in Pianeta Lavoro e Tributi, n. 19/2011.
Nel diritto del lavoro - e segnatamente, nello svolgimento concreto del rapporto lavorativo - il tema delle mansioni, dei limiti e dei contenuti delle stesse ha certamente portata centrale ed è fonte e motivo di analisi ed interpretazione giurisprudenziale, soprattutto con riferimento a fattispecie concrete per così dire patologiche, ossia nei casi in cui una delle parti del rapporto - generalmente, il lavoratore - lamenta un inadempimento rispetto all’obbligo contrattuale che incombe sul datore di lavoro.
In dottrina e giurisprudenza è pertanto ricca l’analisi che ruota intorno al concetto di “equivalenza delle mansioni” e, pertanto, sui limiti dello jus variandi in capo al datore di lavoro (che porta poi a definire il “demansionamento”).
Spett.le
Camera del lavoro di Milano
Centro Donna Corso di Porta Vittoria n° 43 20122 MILANO
Milano, 12 ottobre 2011
Oggetto: Vostra richiesta di parere sulla legittimità del demansionamento delle lavoratrici madri come affermata dalla Direzione Generale del Ministero del lavoro con risposta ad interpello 21-9-2011, n.39
Bucarest, Romania, 15 giugno 2011
Relazione di Annalisa Rosiello
Chi siamo?
La Camera del lavoro di Milano, attraverso il Centro Mobbing ed anche il Centro Donna presenti al proprio interno, offre consulenza e assistenza legale alle vittime di mobbing e delle altre disfunzioni e derive lavorative da molti anni.
La CDLM si avvale di professionalità specializzate e sensibili ai temi trattati: funzionari esperti nella lettura dei casi, uno studio giuslavorista specializzato in mobbing, discriminazioni e derive lavorative; uno studio penalista specializzato nell'assistenza alle vittime di reato (le denunce penali vengono presentate molto frequentemente nei casi di mobbing, molestie sessuali e stalking occupazionale).
La CDLM si avvale anche della competenza di una psicologa ed è in rete con strutture specializzate nelle diagnosi, nella cura e nella determinazione dei danni legati alle patologie derivate dal mobbing e dalle altre conflittualità lavorative.
Premessa
In linea generale, secondo una consolidata dottrina e giurisprudenza, i limiti al licenziamento del dirigente trovano la propria fonte nella contrattazione collettiva di diritto comune.
Premessa
La vittima di disfunzioni organizzative e derive delle relazioni di lavoro può incorrere in serie difficoltà a livello esistenziale ed arrivare a disturbi di adattamento e/o patologie di tipo cronico. Tali fenomeni, oltre ad essere dannosi per l'individuo che li vive, arrecano un danno all'azienda, alla famiglia, alla collettività intera (costi clinici, costi degli istituti previdenziali).
È quindi sin d’ora importante sottolineare l'importanza della diffusione di una cultura improntata al benessere delle persone che lavorano ed alla prevenzione delle disfunzioni e derive del lavoro, attraverso l'utilizzo di tutti gli strumenti possibili, interni ma anche esterni all'azienda (così come previsto dall'art. 31 TU (“il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio”).
L'orientamento della presunzione relativa
Per un primo orientamento, inaugurato dalla sentenza del Tribunale di Torino del 5 aprile 2005, la norma in parola introdurrebbe una presunzione di subordinazione di carattere solo relativo. Questa soluzione interpretativa si fonda sull’argomento per cui attribuire all’art. 69, comma 1, il significato di presunzione assoluta si porrebbe in insanabile contrasto con il cosiddetto principio dell’indisponibilità del tipo della subordinazione, affermato dalla Corte Costituzionale.
Avvocati e psicologi per il benessere al lavoro
Studio legale e psicologico
di Annalisa Rosiello e Roberto Bonanomi
Dirigenti e disfunzionalità demansionamento (straining) e mobbing
Il dirigente come responsabile e come “vittima” aspetti legali e psicologici
Le valutazioni dei danni subiti
Aldai, 20 settembre 2010