ACEA - Confindustria, CGIL, CISL e UIL, ipotesi di accordo quadro 7 febbraio 2018
Negli scorsi giorni è stata sottoscritta, tra l’azienda municipalizzata romana ACEA, le altre imprese del gruppo e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su scala nazionale, un’ipotesi di accordo quadro per il rinnovo e la definizione alcuni aspetti della futura contrattazione collettiva.
Il testo è meritevole di attenzione e di segnalazione perché, tra le altre cose, individua strumenti e metodi volti in ambito di politiche occupazionali con l’obiettivo, dichiarato e più volte ribadito, di creare occupazione stabile, di qualità, un ricambio generazionale e incrementi di competitività.
Obiettivi quindi ambiziosi, da realizzarsi utilizzando gli spazi di deroghe e di manovra riconosciute alle parti sociali, che hanno la possibilità di affiancarsi alle previsioni di legge per creare circuiti virtuosi.
Con due ordinanze di due Tribunali differenti il nostro Studio ha ottenuto la reintegrazione di due lavoratori, entrambi licenziati per asserita giusta causa, entrambi assunti prima del marzo 2015 e quindi soggetti all’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, anche se già modificato dalla Legge Fornero.
La tematica affrontata da queste due ordinanze, cioè la fattispecie di sussistenza o insussistenza del fatto contestato, restano comunque di grande attualità e consentono riflessioni che potrebbero essere calate anche nel nuovo contesto normativo.
In tema di politiche sociali, evidenziamo la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto per la “definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio della Carta della famiglia”, strumento che consente di beneficiare di sconti e agevolazioni per l’acquisto di beni e servizi e intende porsi come misura a sostegno delle famiglie numerose, fornendo un contributo proprio nelle spese alimentari, mediche e scolastiche.
La sicurezza sul lavoro nel nostro Paese è ancora un problema attuale e rilevante, che sale agli onori della cronaca solo in occasione di eventi gravi; di recente, la Cassazione ha ribadito l’importanza non solo dell’utilizzo di mezzi di protezione adeguati, ma anche di una tempestiva e dettagliata informazione del lavoratore in merito alla loro rilevanza, in particolare nelle fasi iniziali del rapporto di lavoro.
Uno degli ultimi atti di questa legislatura, passato quasi sotto silenzio è stato l’approvazione di una legge, ora in attesa di pubblicazione, a tutela e salvaguardia del consumatore in tema di telemarketing.
Le novità introdotte sono tre: l’ampliamento del Registro Pubblico delle Opposizioni alle utenze cellulari, i prefissi “anti-scocciatori”, e il divieto di compositori automatici di numerazioni telefoniche.
Lo stress causato dal lavoro è un fenomeno diffuso, che coinvolge spesso categorie esposte anche a rischio discriminazioni. I fatti accaduti alla dipendente Ikea sono emblematici e non sono passati inosservati alle cronache nazionali. Domanda: esistono dei principi di tutela?
Premessa
Nell’ambito dei contesti clinici, giuridici e organizzativi è sempre crescente l’interesse in merito al benessere lavorativo e ci si interroga e confronta - tra le diverse professionalità e competenze -sull’importanza di trovare, su questo tema, degli specifici canali di intervento per promuovere la salute all’interno dei luoghi di lavoro, per prevenire l’insorgenza di fenomeni disfunzionali (mobbing e “dintorni”) e per reprimere gli stessi nel caso di loro manifestazione.
Quando agiti o comunque verificatisi, infatti, tali fenomeni possono avere conseguenze ed effetti dannosi sul lavoratore ma anche sull’organizzazione e sulla collettività.
Gli effetti sul singolo lavoratore possono essere profondamente diversi per entità e tipologia e, in particolare, possono riguardare disturbi o patologie psichiche (principalmente ansia e depressione), disturbi comportamentali e della sfera emozionale (insonnia, irritabilità, calo di motivazione, ritiro sociale, difficoltà cognitive, ecc.) e possono, conseguentemente, comportare danni patrimoniali e non patrimoniali, come vedremo.
A livello di organizzazione gli effetti possono consistere nel deterioramento della qualità dei servizi erogati dal datore di lavoro, nell’incremento dei costi sostenuti per malattia e/o sostituzioni, nella lesione dell’immagine aziendale, ecc.; quanto agli effetti sulla collettività, questi normalmente consistono nell’aumento delle spese a carico degli enti previdenziali, del sistema sanitario, delle strutture di riollocamento, associato a un indebolimento complessivo della produttività nazionale.
I “controlli” del datore di lavoro
È ormai piuttosto assodato (anche se non sempre condivisibile per le modalità) che la società datrice di lavoro possa controllare come il proprio lavoratore, fruitore dei permessi o congedi “104”, utilizzi le ore non lavorate. Tali controlli avvengono di norma tramite agenzie di investigazione privata.
Quello che invece è ancora dubbio è cosa possa fare il datore di lavoro con i risultati di tale controllo e quindi, in sostanza, quali possano essere le conseguenze sanzionatorie per il lavoratore che dovesse essere “sorpreso” non in compagnia del disabile durante le ore di permesso.
Il nocciolo della questione sta nel ritenere legittima o meno la circostanza per cui non tutte le ore di permesso richiesto, specialmente quelle che sarebbero rientrate nell’orario lavorativo, siano impiegate dal dipendete per prestare assistenza al parente disabile.
Nei giorni scorsi il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha promosso a gran voce le novità che dal 1° settembre 2017 riguarderanno le visite fiscali nei confronti dei dipendenti pubblici e privati assenti per malattia, al fine di garantire controlli più serrati e uniformi in entrambi i settori.
Con il decreto legislativo n. 75 del 27 maggio 2017, meglio noto come decreto Madia, è stato istituito il Polo Unico Inps per il Pubblico Impiego e settore privato, che conferisce all’Inps la competenza esclusiva ad effettuare le visite mediche di controllo (per brevità VMC), oltre che nel settore privato anche su richiesta delle Pubbliche amministrazioni (datrici di lavoro).
Torniamo a parlare di tutele crescenti. A Roma, a fine luglio scorso, un giudice, la Dottoressa Maria Giulia Costantino, ha sollevato dubbi di incostituzionalità e ha rimesso alla Corte Costituzionale la norma sulle "tutele crescenti". Questa iniziativa sembrerebbe restituire la speranza che possano essere ripristinate le condizioni minime di dignità, libertà e rispetto delle prerogative dei lavoratori e delle organizzazioni che li tutelano.