Capita sempre più spesso di ascoltare racconti di lavoratori con elevata professionalità che ricevono proposte di demansionamento da parte delle aziende.
Un numero decisamente elevato di segnalazioni riguarda persone che hanno passato periodi più o meno lunghi all’estero in distacco o missione e che, concluso il tempo assegnato e/o “richiamati” in Italia, si trovano davanti alla proposta o alla comunicazione di dover lavorare su funzioni inferiori e/o sotto le direttive di altri lavoratori con competenze, esperienza e livelli più bassi rispetto ai loro; l’alternativa? lasciare il lavoro, se va bene a fronte di un incentivo.
Altre segnalazioni provengono da quadri, funzionari o dirigenti che, ricevuta la notizia della soppressione di una filiale e/o della riorganizzazione del settore diretto, subiscono analoghe proposte o comunicazioni unilaterali.
E’ frequente sentir parlare di tecnologie in sostituzione degli esseri umani, ma non altrettanto di come queste possano supportare i lavoratori, in particolare quelli più “esposti”, e prevenire condotte mobbizzanti e discriminatorie.
La normativa in materia di salute e sicurezza (art. 28, d.lgs. 81/2008) obbliga il datore di lavoro a differenziare l’azione di prevenzione per gruppi considerati più a rischio, ossia – tra gli altri - le lavoratrici in stato di gravidanza, differenze di genere, età, provenienza da altri Paesi. In altri termini, le misure di prevenzione per tali categorie di lavoratori devono essere maggiori e mirate, tanto più che questi gruppi di lavoratori sono gli stessi tutelati dalla legislazione antidiscriminatoria (che prevede, tra gli altri, questi fattori di rischio: sesso, razza, origine etnica, nazionalità, religione, handicap, età, orientamento sessuale).
Capita spesso di ascoltare persone che hanno il timore di avanzare richieste al datore di lavoro, di fare causa per rivendicare i propri diritti (retributivi o di altra natura), di denunciare condotte illecite o illegittime di capi o di colleghi, di iscriversi al sindacato, di svolgere attività politica o sindacale, di esprimere in maniera libera il proprio pensiero e orientamento ecc..
Si tratta del timore di subire ritorsioni, discriminazioni, vittimizzazioni.
Diversity management: guardare la diversità come elemento della realtà, anche normativa, e agire di conseguenza
Le differenze sono elemento della realtà e la legislazione - da quella della sicurezza a quella antidiscriminatoria, che qui interessano - tiene naturalmente in considerazione questo dato di fatto.
L’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che il datore ha il dovere di valutare “tutti i rischi per la sicurezza, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato…e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza…, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione”; fin dal primo articolo del d.lgs. 81/2008, dove si esprimono le finalità della normativa sulla salute e sicurezza, si prevede la “tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati”.
Premessa
Nel pieno della c.d. quarta rivoluzione industriale, ogni considerazione sull’attuale mondo del lavoro non può prescindere dal tema delle nuove tecnologie: piattaforme che sostituiscono il datore di lavoro, algoritmi che esercitano il potere direttivo, strumentazioni sempre più sofisticate, big data, ecc..
In questo ambito, l’attività degli interpreti del diritto è particolarmente complessa, soprattutto perché la legislazione, ovviamente, non va al passo con le rapide e continue evoluzioni tecnologiche.